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Il decreto legislativo n. 75 del 14 luglio 2020 ha recepito la direttiva UE n. 2017/1371, detta direttiva P.I.F. (Protezione Interessi Finanziari), che disciplina la “lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale”.
Con tale intervento normativo il legislatore ha modificato il d.lgs. 231/2001 introducendo l’art. 25quinquiesdecies, rubricato “Reati tributari”.
Il testo vigente dell’art. 25 quinquiesdecies del d.lgs. 231/2001 sancisce, quindi, la responsabilità amministrativa della società nelle ipotesi già disciplinate dal d.lgs. 74/2000.
Nello specifico i reati presupposto sono:
- il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici;
- il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;
- il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili;
- il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.
La pronuncia della Cassazione
Con recentissima sentenza, la n. 16302 del 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata per la prima volta sull’applicabilità degli illeciti tributari all’ente.
Il procedimento in esame, trae origine da una contestazione rivolta ai soggetti apicali di una società per aver commesso il reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 mediante indicazione nelle dichiarazioni IVA relative alle annualità 2017, 2018, 2019 e 2020 di elementi passivi fittizi, avvalendosi di fatture giuridicamente inesistenti emesse da altra società.
L’art. 2 del D.Lgs 74/2000, disciplina la “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” dispone:
“E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi passivi fittizi. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.“
Nel caso in esame, l’operazione è stata ritenuta giuridicamente inesistente a causa della simulazione di contratti di appalto, che di fatto sono stati ritenuti essere contratti di somministrazione di manodopera.
Dalle indagini poste in essere, infatti, è emerso come:
- venisse predisposto un contratto formalmente qualificato come di appalto di servizi;
- la prestazione lavorativa resa a favore dell’appaltante venisse resa tramite dipendenti assunti dall’appaltatore;
- l’appaltatore fatturasse al committente il corrispettivo stabilito nel contratto di appalto, detraendo indebitamente l’IVA e considerando deducibile l’imponibile ai fini IRAP.
Dichiarazione fraudolenta
Più volte è stato ribadito dalla Corte di Cassazione che nell’ipotesi in esame, è configurabile il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti poiché vi è diversità fra il soggetto che ha emesso la fattura ed il soggetto che ha fornito la prestazione (tra le altre, Corte di Cassazione sentenza n. 20901/2020, n. 52057/2017, n. 25812/2013, n. 24540/2013).
Anche in questo caso la Suprema Corte ricorda come “la corretta applicazione dell’IVA nell’interposizione di manodopera si ha solo quando nei rapporti tra il committente e l’agenzia interinale/appaltatore/datore di lavoro terzo esiste una “reale” interposizione di manodopera.”
In caso contrario, come nella specie, l’IVA è applicata indebitamente e, dunque, non può essere detraibile.
La Cassazione, per la prima volta, ha riconosciuto la responsabilità ex D.Lgs 231/2001 per i reati tributari.
La Suprema Corte riconosce l’interesse e il vantaggio ottenuti della società per aver utilizzato un contratto di appalto di servizi stipulato per mascherare una somministrazione di manodopera contralegem, sfruttando così la possibilità di detrarre indebitamente l’IVA in relazione alle prestazioni fatturate dall’appaltatore.
Mod 231: le sanzioni
L’art. 10 del d.lgs. 231/2001 prevede le sanzioni che, in caso di illecito amministrativo da reato, si dovranno applicare.
Per il mod 231 il legislatore ha previsto un meccanismo per quote, che si articola in due fasi:
- nella prima fase, il giudice fissa il numero di quote che non deve mai essere inferiore a 100 né superiore a 1000;
- nella seconda fase, il giudice determina il valore monetario di ogni singola quota per un valore compreso fra un minimo di 258 euro e un massimo di 1549 euro.
Il quantum della sanzione si ottiene dalla moltiplicazione dell’importo della singola quota per il numero di quote fissato dall’organo giurisdizionale.
La società responsabile di dichiarazione fraudolenta, secondo il decreto legislativo 231/2001, potrà rispondere fino a 500 quote, per cui potrà essere comminata una sanzione pecuniaria pari, nel massimo, a 774.500 euro.
Oltre alle sanzioni pecuniarie sono previste anche le sanzioni interdittive:
- divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione;
- esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi, nonché l’eventuale revoca di quelli già concessi;
- divieto di pubblicizzare beni e servizi.
L’autorità giudiziaria può, inoltre, emettere, sin dalle indagini preliminari, un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca.
La società, quindi, anche in un momento in cui la sua responsabilità non è stata ancora accertata in via definitiva, può subire importanti conseguenze dal punto di vista patrimoniale.
In particolare, all’ente è confiscabile il prezzo o il profitto del reato, sia in via diretta che per equivalente, anche a prescindere dall’avvenuta condanna per l’illecito amministrativo dipendente da reato.
Mod 231: soluzioni
La pronuncia analizzata risulta essere importantissima in quanto pone l’attenzione sull’importanza per gli enti della predisposizione di un modello o di un aggiornamento che risulti efficace in termini di mod 231.
Infatti, grazie alla presenza di un modello di organizzazione e gestione aggiornato ed efficace è possibile non incorrere nella responsabilità amministrativa ex D.lgs. n. 231/2001 ed evitare quindi l’irrogazione delle pesanti sanzioni soprariportate.
Inoltre, le società per tutelarsi devono:
- affidare il compito di verificare circa il funzionamento e l’osservanza del modello organizzativo ad un soggetto interno od esterno all’ente autonomo ed indipendente;
- conferire apposite deleghe e procure a soggetti dotati di competenza in materia tributaria;
- predisporre idonee procedure interne che garantiscano la segregazione dei ruoli e la tracciabilità di tutte le operazioni;
- organizzare incontri formativi per sensibilizzare il personale operante in tale area a rischio.
Sull’importante tema del mod 231 trovate altri articoli sul nostro blog che approfondiscono le questioni sui costi e i benefici e sull’ODV.
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Articolo a cura della Dott.ssa Diletta Lopes